Dalle onde di Genova alle dune infinite in Libia

Dalle onde di Genova alle dune infinite in Libia

Alcuni viaggi sembrano nascere da un richiamo che non puoi ignorare. Era il 1999 quando, dopo mille discorsi e pianificazioni con i miei compagni d’avventura, abbiamo trasformato un sogno in realtà: salpare da Genova per immergerci nel Sahara libico. Quindici giorni in fuoristrada, pronti a svelarci dune infinite, popolazioni antiche e rovine romane sepolte dal tempo.


GIORNO 1: Italia – Genova – Navigazione – Tunisi

Giorno di sguardi sognanti
La nave in partenza dal porto di Genova era colma di auto, camper e fuoristrada. Noi avevamo due 4x4 carichi di tende, pezzi di ricambio e un po’ di emozione mista a timore. Mentre la costa ligure si allontanava, ci scambiavamo battute nervose: «Chissà come sarà dormire fra le dune…» – «Vedrai, Mario, dovremo usarci come cuscini umani!», scherzava Paolo.


GIORNO 2: Tunisi – Gabes

Sbarco in Nord Africa
Dopo una notte di onde e chiacchiere al vento, le luci di Tunisi ci accolsero all’alba. Con sorpresa, sbrigammo le procedure doganali più facilmente del previsto. C’era una grande energia tra turisti, commercianti e viaggiatori di passaggio.

Percorso verso Gabes
Il sole già scaldava l’asfalto mentre puntavamo i fuoristrada a sud. Ogni sosta regalava un mix di odori: dal tè alla menta ai datteri. La sera ci trovò in un campeggio spartano a Gabes; lì, attorno a un fuocherello improvvisato, capimmo che l’avventura era veramente iniziata.


GIORNO 3: Gabes – Nalut (Rmada Wasi)

Frontiera: si entra in Libia
Tra timbri, controlli e sguardi curiosi, varcammo il confine tuniso-libico. Quella sbarra sollevata segnava il nostro ingresso in un Paese dal fascino misterioso, dove percepivamo che il “vero” Sahara avrebbe presto mostrato il suo volto.

Nalut
Dopo ore di strada, ci accolse Nalut, un centro che un tempo svolgeva un ruolo strategico per le rotte carovaniere. Tra negozietti e mercati, sentivamo già l’atmosfera di un crocevia che racconta storie di antichi commerci. Montammo le tende, pronti a scoprire di più il giorno dopo.


GIORNO 4: Nalut – Qasr Al Haj – Ghadames – Hamada al-Hamra

Costeggiando il Djebel Nafusah: Qasr Al Haj

Prima di puntare a Ghadames, decidemmo di costeggiare il Djebel Nafusah e fermarci a Qasr Al Haj, un villaggio noto per un granaio fortificato che alcuni definiscono “il mini-Colosseo” del deserto. Le cellette disposte su piani sovrapposti, collegate da scalette e passaggi aerei, erano uno spettacolo architettonico inaspettato.

  • Aneddoto di Gruppo
    Mentre ci aggiravamo tra queste piccole “stanze” di arenaria, Paolo – appassionato di storia – commentava: «Chissà quante volte popolazioni berbere hanno difeso qui le loro granaglie… Lo sentite il suono dei cammelli?». Noi ridevamo, ma in fondo immaginavamo davvero un mercato in piena attività, secoli fa.

Avvicinandosi a Ghadames
Riagganciata la pista, salimmo la scarpata del Djebel Nafusah e ci ritrovammo con una vista ampia su Nanut: rovine di un villaggio berbero, una moschea semplice, un altro splendido granaio alveare. Poi la vegetazione si fece sempre più rada, e in lontananza si profilava la “perla del deserto”.

Sorpresa a Ghadames

Conosciuta come la “Perla del Deserto”, Ghadames ci avvolse con la sua medina bianca, i vicoli coperti che sprigionavano profumi di spezie. Il pranzo in una casa tradizionale fu un tuffo nella cultura locale: conversazioni in arabo, risate, sapori nuovi.

Fascino della Città Vecchia
Le strade si rincorrono e si intrecciano, garantendo fresco d’estate e calore d’inverno. Si incontrano piazzette decorate, archi dentellati e murature bianche che riflettono la luce in modo quasi accecante. È un dedalo che sembra una città dentro un’altra città, ormai quasi disabitata ma in parte restaurata per diventare museo vivo.

Hamada al-Hamra

Nel pomeriggio, i fuoristrada si avviarono verso l’Hamada al-Hamra, un altopiano roccioso che ci accolse con il primo vero fuoristrada impegnativo. Qui il silenzio si fece totale. Ci fermammo per la notte, piazzando le tende sotto un cielo strapieno di stelle che pareva potessimo toccare con un dito.


GIORNO 5: Hamada al-Hamra – Brak

Primi imprevisti
Tra rocce e sabbia, una delle 4x4 finì per insabbiarsi in un avvallamento. «Eccolo, il battesimo del Sahara!», gridò qualcuno con un misto di ironia e agitazione. Con piastre di ferro e il verricello riuscimmo a liberarla.

Serata a Brak
Al calare del sole, raggiungemmo la strada asfaltata che ci condusse a Brak. Con un piccolo falò e un cielo sfumato di rosso, ci regalavamo aneddoti sul giorno appena vissuto, chiedendoci cosa riservassero le zone più a sud.


GIORNO 6: Brak – Laghi Ubari 

Uno spettacolo surreale
Lasciata Brak, l’Erg Ubari ci apparve con le sue dune dorate, in mezzo alle quali occhieggiavano laghi incastonati come gioielli blu. Decidemmo di fermarci su una duna altissima per godere del panorama… e una delle jeep rimase incastrata a metà salita.

  • Insabbiamento “Epico”
    Con la sabbia che scivolava sotto le gomme, il motore ruggiva. «Piano, piano, giù di ridotta!», urlava Mario. E in mezzo a risate e spinte, l’auto ne uscì. Fu un momento di puro spirito di squadra, chi con la corda, chi con la pala.

Notte sotto le stelle
Dopo un bagno ristoratore nelle acque salate di uno dei laghi, piazzammo il campo tra le dune. Il cielo, scurendosi, ci regalò una vista stellare che in città avremmo definito “impossibile”.


GIORNO 7: Tassili de Maghidet

Altopiano di rocce e vento
Il Tassili di Maghidet è un labirinto di arenaria, archi naturali, guglie bizzarre. Il vento fischiava tra i passaggi, dando l’impressione di un paesaggio mitico.

Pausa tè inaspettata
Lungo il cammino, incontrammo un gruppo di guide libiche dirette verso Ghat che ci offrirono tè caldo. In un luogo così desolato, scoprirti a bere tè e scambiare sorrisi con sconosciuti è la prova che il deserto sa donare anche calore umano.


GIORNO 8: Maghidet – Acacus

Nel cuore dell’Acacus
Dune di colori diversi, archi di pietra, gole profonde: il Tadrart Akacus è un caleidoscopio di forme. Un posto che lascia senza fiato, soprattutto quando hai sabbia rossa a sinistra e rocce vulcaniche nere a destra.

Arte Rupestre Preistorica
Le pitture di giraffe, scene di caccia e antichi animali testimoniano un Sahara un tempo verdeggiante. Ricordo la sensazione di “toccare la storia” con gli occhi, in un silenzio carico di rispetto.


GIORNO 9: Acacus – Giro dei Wadi

Esplorazione tra gole e dune
Esplorare i wadi significò alternare tratti facili a sabbia finissima, dove un altro insabbiamento fu inevitabile. I nostri compagni, ormai “professionisti” della pala, la presero con spirito: «Altre calorie bruciate, niente palestra stasera!».

Sensi all’erta
A volte c’era solo il vento a farci compagnia, e in quei momenti sentivi di essere un frammento in un universo sconfinato. Una sensazione che, ancora oggi, mi fa venire i brividi.


GIORNO 10: Acacus – Jarma

Sulle tracce dei Garamanti
Jarma (Garama) fu la capitale di un regno che sfidò persino Roma. Le rovine sorgono in un silenzio irreale, quasi a voler custodire ancora i segreti di quell’antica popolazione.

Notte archeologica
Sistemammo le tende lì vicino. Osservando le mura in rovina, immaginammo come potesse essere stata la vita in epoca garamante. Forse carovane di cammelli, commerci e feste nei cortili.


GIORNO 11: Jarma – Gaberoun (Laghi Ubari)

Tuffo finale nei laghi
Tornare ai Laghi Ubari fu come riabbracciare un caro amico: dune infinite e specchi d’acqua salmastra. Un altro bagno salato, un altro tramonto memorabile riflesso sul lago.

Campeggio con vista
Piazzammo il campo tra le dune, e mentre sorseggiavamo un tè, qualcuno disse: «Sapete che quasi mi dispiace lasciare tutta questa sabbia?». Risata generale.


GIORNO 12: Gaberoun – Idri – Hammada

Piste e panorami
Tra fuoristrada e piste intervallate da dune più modeste, ci avvicinammo a Idri. Sembrava che il deserto volesse accompagnarci verso un addio graduale, ridonandoci un paesaggio meno estremo.


GIORNO 13: Hammada – Garian – Sabratha

Rovine Romane in mezzo al Sahara
Ed eccoci a Sabratha, un sito romano spettacolare affacciato sul mare. Passeggiando nel teatro, sfiorando mosaici e colonne, tornavamo indietro di duemila anni.

Aneddoto: La guida ci mostrò un frammento di colonna e sussurrò: «Se il deserto non vi avesse protetto, chissà quanta arte sarebbe andata persa.»


GIORNO 14: Zwara – Ras Jadir – Djerba 

Salutare la Libia
Con un pizzico di malinconia varcammo il confine e raggiungemmo Djerba, isola tunisina dal sapore mediterraneo, dove ci concedemmo un momento di relax. Come se dovessimo digerire le infinite emozioni accumulate.


GIORNO 15: Djerba – Tunisi – Rientro in Italia 

Ritorno
Da Djerba a Tunisi, infine l’imbarco verso Genova. Il mare ci cullava e noi rivivevamo mentalmente ogni singolo giorno: dune, rovine, insabbiamenti epici e sorrisi condivisi.


Conclusione: Quando il Deserto ti Entra Dentro

Ripensando a questo viaggio, sento ancora il sibilo del vento tra i torrioni di roccia, il rombo del motore che affronta una duna, e la meraviglia di rovine romane spuntate dal deserto. Gli insabbiamenti? Piccoli battesimi che insegnano la forza della squadra. Le antiche città, i granai fortificati come Qasr Al Haj o le viuzze di Ghadames, ci ricordano quanto l’uomo sappia plasmare e custodire luoghi anche dove sembra non ci sia nulla.

Ma il Sahara non è soltanto un panorama: è un viaggio dentro se stessi, tra silenzi sconfinati e orizzonti che ti invitano a superare i tuoi limiti. E alla fine, quando ripensi alle stelle viste da una tenda su una duna solitaria, capisci che il deserto ti entra dentro, radicandosi in un angolo dell’anima.

È un sogno che, se potessi, ripeterei domani stesso: perché il Sahara Libico, con le sue sfide e la sua grandezza, ha la capacità di cambiare chiunque lo attraversi. E io so che, in fondo, una parte di me è rimasta lì, a scrutare l’infinito delle dune.

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